Una foto nitida a colori contro un film sfocato in bianco e nero: la rivoluzione silenziosa del Gemello Digitale

Otto anni fa, quando iniziai a parlare di Gemello Digitale applicato alla salute, ero considerato poco più che un provocatore. Non ero medico e questo, nel mondo sanitario, era sufficiente per mettermi automaticamente dalla parte degli incompetenti. Nessuno stava a sentire il mio punto di vista. Meglio, direi oggi. Perché non essere “formattato” è stato il mio più grande vantaggio competitivo.

Dal mondo analogico al mondo dei dati

La medicina tradizionale, per quanto nobile, è ancora incatenata a una logica analogica, soggettiva, spesso guidata più dall’abitudine che dall’efficacia. Io venivo da tutt’altro mondo: quello del supercalcolo, delle reti neurali, della statistica bayesiana.

Il mio linguaggio non era quello delle emozioni, del sintomo, del “come ti senti?”. Il mio approccio era (ed è) radicalmente diverso: osservo i dati, creo modelli, individuo pattern, prevedo comportamenti. Mentre la medicina continuava a girare in bianco e nero, io vedevo già a colori in 8K.

Anamnesi: quando la memoria diventa un limite

In sanità, mi hanno detto, “l’esperienza del paziente è centrale”. Bene. Allora spieghiamo una cosa semplice: la parte più importante dell’interazione medico-paziente è l’anamnesi, ovvero il “ricordo” di ciò che è accaduto nel passato clinico.

In greco, “anamnesi” significa proprio questo: ricordo. E qui, da innovatore, mi scatta la rabbia. Ma ci rendiamo conto? Chiedere a un essere umano – magari impaurito, confuso, anziano – di ricordare eventi medici accaduti mesi prima è follia. È inefficienza strutturale mascherata da umanità.

Il Gemello Digitale: raccogliere i dati prima

Da qui nasce la mia battaglia: raccogliere i dati PRIMA. Perché se i dati li ho già, non devo ricostruire nulla, non devo basarmi sulla memoria, ma su registrazioni oggettive e continue.

Il Gemello Digitale non è un gadget futuristico: è una versione viva, costante e aggiornata della tua storia clinica, costruita in tempo reale, molto prima che tu stia male. Così facendo, l’anamnesi diventa predizione, e la medicina, finalmente, può diventare preventiva e personalizzata. Altro che chiedere “quando ha iniziato a sentire dolore?”.

Il medico non viene sostituito, viene potenziato

Ma ecco il problema: i medici si sentono esautorati, pensano che la tecnologia rubi loro il mestiere. Niente di più sbagliato. Il Gemello Digitale non cancella la figura del medico, la eleva. La libera da compiti ridondanti e l’aiuta a essere più efficace, più rapido, più giusto. È l’assistente invisibile che fa il lavoro sporco per lasciarti fare quello nobile.

Io, che non sono medico ma un tech pigro e pragmatico, ragiono così: se posso fare di meno, meglio, prima, perché dovrei oppormi? Il Gemello Digitale mi fa lavorare meno, guadagnare di più, curare meglio.

Ma soprattutto crea giustizia sanitaria: il paziente malato ha diritto a guarire gratuitamente, ma il paziente sano, che ha un interesse economico diretto nel rimanere sano, è disposto a pagare qualunque cifra per rimanere tale. È qui che la sanità può diventare sostenibile, scalabile e meritocratica.

Dalla pellicola in bianco e nero alla foto a colori

Allora mi chiedo, e chiedo a chi ancora si ostina a difendere lo status quo: Perché non volete vedere questa foto a colori?
Perché vi ostinate a guardare un film in bianco e nero, sfocato, pieno di interferenze?

Il futuro è qui. Il Gemello Digitale è reale. E non ha bisogno di passaporto. Ha solo bisogno di mente libera e visione lunga.

Sergio d’Arpa